Editoriale

28 Set

2016

La letizia (imperfetta) del nostro amore

Una frase di papa Francesco, dall’Esortazione apostolica Amoris Laetitia mi colpisce:

«Bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata…».

Detto in altri termini: tutti (non solo i cristiani) viviamo (o dobbiamo vivere, siamo chiamati a vivere) in tensione tra ciò che siamo concretamente oggi, con la nostra storia personale, faticosa e ferita, con i fallimenti accumulati nonostante tentiamo di “far bene” e ciò che vorremmo essere: felici, realizzati, integrati, capaci di amore…

La distanza tra ciò che siamo e ciò che siamo chiamati a essere, tra realtà ferita e desiderio di pienezza, è esattamente quel che ci mantiene in tensione, quel che ci permette di continuare a crescere, a voler essere “migliori”. Noi siamo, nel nostro cuore, “grano buono e zizzania” e nessuno deve permettersi di forzarci a estirpare la zizzania dal cuore (affinché non si perda, non si strappi anche il grano…). Chi ci ama, invece, deve accompagnarci nella nostra consapevolezza, che è lenta, faticosa, piena di ricadute: poiché questa “crescita nella consapevolezza” è il cammino (l’unico possibile) che è concesso al nostro cuore fragile.Siamo peccatori, sì. Ma siamo peccatori in cammino verso il bene.

Io sono così. Io sono questo. E questo sono tutti coloro che resistono nella fatica, pur cedendo talvolta per le ferite, ma non arrendendosi alla sfiducia nei confronti dell’amore.

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