Editoriale

03 Ott

2016

La volgarità della morale

E’ davvero una cosa curiosa che lo sport, da luogo di educazione di vita, sia diventato spazio sempre più determinato da un’economia distante proprio dalla vita reale, per interessi talmente grandi da renderlo uno dei maggiori luoghi di corruzione della nostra società (basti citare l’allontanamento dei presidenti dei due maggiori enti di governo del calcio, o la denuncia delle compravendite di partite nel tennis, o l’abuso – non solo l’uso – di doping sistematico, fino al doping di Stato come nel caso russo… potremmo proseguire…); è davvero cosa curiosa che lo sport si inalberi per un paio di parole volgari e omofobe dettate dall’ira del momento, al termine di un incontro di calcio, quando la cacolalia dei tifosi, dei calciatori, dei presidenti è tranquillamente concessa, e pochi giorni dopo la depenalizzazione del reato di ingiuria; è pure davvero cosa curiosa che, nel nostro quotidiano, in cui tutti pensano di poter fare quel che vogliono e nessuno è mai responsabile di nulla, persino la morale stia diventando un esercizio di volgarità.

Poiché questo accade alla morale odierna: di essere “volgare”, che significa “di bassa lega”, incapace di distinguere il diverso valore e peso della vita e dei comportamenti che la guidano.

Una morale che (per dirla col Vangelo) filtra il moscerino e inghiotte il cammello.

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